Stiamo zitte ,
continuano a ripetersi le due attrici, ma la voce si impossessa del Teatro Palladium , la voce corale di un
duo inaspettato , quello tra Chiara
Guidi ed Ermanna Montanari. E’ la
voce di qualcosa che è accaduto tanto tempo fa , di cui non si ha più memoria ,
di cui forse si crede che non sia necessario aver memoria , perchè la Storia
non insegna. Semmai, si ripete. E allora
tanto vale restare qui , ad attendere gli eventi nell’apatia del non agire.
Chiara Guidi ed Ermanna Montanari, però, non la pensano così ed allestiscono questo
spettacolo , Poco lontano da qui , tanto evocativo quanto documentaristico ,
per affermare con coraggio che il sacrificio di uno vale e deve valere la
memoria di cento.
Rosa Luxemburg è il centro del loro lavoro; ne è stata l’ispirazione e ne è divenuta
materia. Rivoluzionaria tedesca di origini polacche , assassinata dal regime
nel 1919 , lasciò di se , oltre all’ardore in nome di un’idea , un importante
carteggio , prodotto negli anni della militanza politica e durante il periodo
della reclusione. Guidi e Montanari sono partite da lì per rendersi testimoni
indirette di qualcosa che, forse, sentivano il bisogno di raccontare.
La scena è bianca e labirintica ; strutture in ferro
disallineate reggono candidi teli di carta e di stoffa . Pochi altri oggetti, una campana ed uno sgabello di legno. La luce è fredda, funzionale, illumina ma non
suggerisce; la fotografia è d’impatto, complice il suggestivo contrasto creato
dal candore di sipari e mantegni e l’irruenza del ferro, il grigio, la ruggine.
In scena la potenza di due donne, prima che la potenza di
due grandi attrici, ognuna col proprio ruolo assegnatole dagli eventi. Una
dirige le azioni e guida le iniziative ; l’altra reagisce mossa da un’indole
più mansueta , pronta a vestire i panni della martire. Una plasticità ricercata
trasuda dai gesti , dalle espressioni, dagli abiti; non c’è nulla di casuale,
nulla che non sia stato sapientemente scarificato.
Guidi ed Montanari sferrano un poderoso attacco al Potere in
quanto entità che genera mostri e non concetto astratto e metafisico; lo fanno
utilizzando e sperimentando la propria voce, modulata attarverso l’infinita scala
delle possibilità che il suono offre. Attraverso essa creano immagini ed atmosfere,
riescono a dare al lavoro dei tempi giustissimi ed una profondità mai prolissa,
anche evocando un Mejerchol’d
fucilato prima che regista , anche passando per le impervie vie dei Quaderni russi di Igort , la lirica di Cechov
, il manifesto di Kraus.
Il silenzio
al quale le due grandi artiste auspicano è quello della riflessione e della
cronaca.
Il
sacrificio di uno , la memoria di cento.
Pamela Del Grosso
Teatro Palladium, Roma
29 aprile 2013
Nessun commento:
Posta un commento