martedì 25 novembre 2014

Lontano, da qualche parte. Esattamente, al Roma3 Film Festival





La dualità che ha caratterizzato il lavoro di Carlo Quartucci e Carla Tatò non si è esaurita; la ritroviamo ancora qui, nella Sala Columbus del Roma3 Film Festival, nel lavoro proposto dal giovane regista Fabrizio Pompei, Lontano, da qualche parte…

Una donna bellissima. Ė amore e morte, seduttrice e sposa. Ė la guerra.

Uno studente, uomo appena fatto, poco più che bambino, assai meno di un eroe. Ė il soldato.

Dalla drammaturgia di Carla Arduini, Fabrizio Pompei ha raccontato il brutale incanto della guerra, della grande guerra, la Prima Guerra Mondiale; lo ha fatto procedendo per immagini, in quello che appare un raffinato esercizio di stile, attribuibile a un esteta prima ancora che a un regista.

Il conflitto mondiale irrompe e la guerra, maliarda, sardonica, irriverente, si presenta senza invito nella stanza dello studente e se lo porta via, all’inferno; lui la segue con la devozione dei suoi pochi anni, per ritrovarsi presto a capire di quale grande inganno è rimasto vittima.

Quello che Fabrizio Pompei ha voluto raccontare è stato questo, tutto quello che la ferocia e la barbarie del conflitto fagocita senza restituire nulla: nomi, storie, lettere, promesse. Le cose piccole, quelle che la Grande Storia non menziona; quelle che non finiscono nei libri, quelle che solo la scatola teatrale sa contenere e, all’occorrenza, mostrare.

 La guerra è terribile, proprio per questo devi amarla con tutto il cuore. Il dichiarato dualismo dello spettacolo si riflette nelle parole di Aldo Spahiu nei panni del soldato che si avvia al fronte, sulle note di Lilies in the Valley. Devi amarla perché l’hai scelta, perché lei ha scelto te, in un sinistro gioco delle parti dove chi soccombe muore senza possibilità di replica.

La guerra, nell’efficace interpretazione di Giulia Tomassi, si gioca la vita dell’uomo a testa o croce; persuasiva e suadente, trascina il soldato in un tango stentato sulle note di Carlos Di Sarli. Lo ammalia, lo consola, lo illude, lo mette di fronte a una gloria che non vale niente.

 L’efficacia delle forme decreta la buona riuscita di questa rappresentazione. Una fotografia ottima, resa da luci sapientemente dosate, raccoglie le suggestioni delle parole e ne restituisce fedele traduzione, rendendo giustizia all’arteficio del teatro.

La scenografia, curata dallo stesso regista, è, nella sua estrema semplicità, un portentoso gioco di scatole cinesi: pedane di legno che nascondono, chiudono, aprono alla vista una trincea, un triste muro del pianto, un orizzonte.

Barometro che avvalora e guida la forza degli eventi è la musica, da Jun Miyake ai Prodigy, dal Fado portoghese agli U2, passando per i Cranberries fino a De Andrè. Una carrellata di suggestioni che si convoglia nelle parole di The End: “ questa è la fine magnifico amico, né salvezza o sopresa. La fine”.

 Fabrizio Pompei non ha inventato niente, perché la guerra è sempre quella, sempre la stessa. Non ha fatto niente di nuovo, ha semplicemente raccontato una storia. Ma lo ha fatto benissimo.

 

Pamela Del Grosso

 Roma3 Film Festival

Sala Columbus
12 giugno 2013

Via delle Sette Chiese 101 d, Roma

 Interpreti: Aldo Spahiu e Giulia Tomassi
regia e scenografia: Fabrizio Pompei
drammaturgia e scelte musicali: Carla Arduini
costumi: Anna Volpi e Marina Vaccarelli
realizzazione scene: Francesco Margutti e Mirella Capannolo
realizzazione costumi: Antonella Martellacci
una produzione: L’Uovo Teatro Stabile di Innovazione Onlus


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