Carlo Quartucci e Carla Tatò al Roma3 Film Festival
Così poco ortodossi, avvezzi alla decontestualizzazione dell'ambiente in
cui si muovono; irriverenti, di quella originalità che puzza ancora dell’odore
buono della cantina. La cantina per antonomasia, cioè quella del Teatro classe
1960; quella degli esperimenti, della rivoluzione, dell’incertezza della meta e
della convinzione delle idee, così stravaganti, necessarie e vitali.
Carlo Quartucci e Carla Tatò presentano al Roma3 Film Festival Suena Quijano nella città, una lunga
dimostrazione di un sogno in fieri,
un atelier del laboratorio di Arti Sceniche che ha coinvolto gli studenti dell’Università
Roma Tre e che ha già calcato importanti palcoscenici della realtà romana,
dal Teatro India al Teatro Argentina.
Un doppio sogno lo definisce Carlo Quartucci, il doppio del teatro
che tutto contiene, il teatro come promulgatore di ogni cosa. Un
luogo fisico, tangibile, materico, dove tutti sono attori, dallo scenografo
allo spettatore, in una grande caotica contaminazione sovrapposta.
Lo spazio della Sala Columbus sembra quasi non riuscire ad
arginare gli accadimenti che si susseguono in un andirivieni di voci e gesti; Giovanna
Famulari al violoncello crea un tappeto musicale che scandisce il tempo di questa
lucida follia.
Sul fondo scorrono le proiezioni di eventi passati: Suena Quijano al Teatro India, la costruzione dell’invisibilità alla Sinagoga di Ostia,
un’intervista del 1968, Quartucci e Tatò all’opera con i fratelli
Colombaioni.
Le parole dei più grandi cantastorie
animano le azioni: Borges, Marlowe, Beckett. Accanto a loro la
cantora per eccellenza, Carla Tatò, recita, legge, interpreta. Una Maga
Circe non contemporanea, esattamente scolpita nella sua età granitica come le
torri di pietra che declama; una Cassandra amplificata dentro la sua
stessa portentosa voce.
Una scena che non è scena ma fucina di suono, gesto; lo sciabordio del
mare nella parola della cantora è reale e
riempie ogni dove.
Ne consegue una convergenza e una commistione di generi, tecniche e
ruoli. Attorno a questi perni ruota l’interesse e l’attenzione di Quartucci e
Tatò che, a tal proposito, hanno allestito questo caleidoscopico campo di
ricerca, utilizzando la Pentesilea di Kleist come un faro nella
notte, quella stessa Pentesilea che Kleist aveva immaginato in viaggio.
Una bellissima esortazione di Carla Tatò chiude l’incontro: “Abbandonate
la drammaturgia dell’azione e anelate alla drammatizzazione del gesto e
dell’immagine. Gli attori dovrebbero, come Enea, avere il coraggio di
abbandonare la propria terra e andare, vivere, lavorare”.
9 giugno 2013
ROMA3 FILM FESTIVAL, edizione 2013
Sala
Columbus
Via
delle Sette Chiese 101 d, Roma
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