martedì 25 novembre 2014

Ferite a morte

Finchè morte non ci separi
 
 
Sul talloncino che ricevo all’entrata, leggo i dati di una donna salita agli onori della cronaca per essere stata uccisa. Febbraio 2013, Livorno. Bruna Porazzini, 75 anni.

Il Teatro Valle Occupato, la sera dello scorso, freddissimo, lunedì 25 novembre, non distribuiva biglietti d’ingresso, bensì piccoli epitaffi di donne morte ammazzate. Storie tutte uguali: medesima follia, medesimo triste epilogo.

 Sul palcoscenico romano Monica Scattini, la violoncellista Julia Kent e le Gocce di Arte, le attrici del laboratorio di recitazione condotto da Tony Allotta. Finché morte non ci separi è uno dei numerosi eventi con cui la Capitale ha voluto dar voce alla piaga del femminicidio, mentre, in contemporanea,  altri 20 teatri d’Italia ospitavano il medesimo testo di Francesco Olivieri.

 L’atmosfera è solenne, un po’ cupa, come sia normale che accada quando ci si appresta a celebrare certi fatti inauditi. A monte di una collettività che si adopera affinché il silenzio non cada, inesorabile, su centinaia e centinaia di donne brutalizzate, esiste uno Stato (più o meno) laico che ancora non ha ben capito come destreggiarsi fra rigidi precetti religiosi, inefficaci normative garantiste e diffusione di un messaggio culturale distorto, più commemorativo che preventivo.

Dal testo di Olivieri, nelle parole della Scattini, due storie racchiudono il senso della serata: Federica Mellori, donna semplice di provincia, sgozzata dal proprio principe azzurro; Ipazia Fiorentini, donna in carriera, femmina trucidata da un colpo di pistola in testa per mano del proprio amorevole compagno.

Entrambe le storie sono ricche di dettagli, una scrittura a tratti tragicomica che l’attrice toscana, illuminata da un occhio di bue quasi al limitare del boccascena, legge e interpreta incarnando tutte le sfumature dei fatti narrati, da quelle più tenui a quelle più profondamente nere che sfociano nel buio irreversibile di un funerale. Sempre uguale, sempre lo stesso: madri che piangono calde lacrime disperate, un po’ per le figlie scomparse, un po’ per se stesse, loro che per prime sono state donne abusate non in grado di mettere in guardia la propria prole; figli, spesso piccoli, che non si rendono conto della separazione a cui non c’è ritorno; amici e parenti tutti, ognuno stretto nel proprio dignitoso dolore, ognuno, in fondo, un po’ responsabile, un po’ complice.

 Il violoncello di Julia Kent incide il tempo delle tristi favole, una colonna sonora che si fonde indissolubilmente con l’incedere del recitato; sul fondo le attrici laboratoriali, tutte vestite di nero, a impersonificare la fitta schiera di tutte quelle donne che ci hanno lasciato, ragazze, femmine, persone. Ammazzate, ancora una volta.

 

 Pamela Del Grosso
25 novembre 2013
 

Teatro Valle Occupato
Testo e regia: Francesco Olivieri
Interpretato da: Monica Scattini
Accompagnamento musicale: Julia Kent
Con la partecipazione delle: Gocce di Arte

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